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La presentazione del Prefetto Paolo Ruffini

La presentazione del Prefetto Paolo Ruffini

Pubblichiamo qui la presentazione di Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione, fatta durante la conferenza stampa del 29 maggio 2023.

A chi è rivolto questo documento?

La risposta è: a tutti. Non solo ai credenti. Non solo ai professionisti. L’ambiente dei social media ci riguarda tutti. Nessuno escluso. Il documento è rivolto a tutti coloro che vorranno leggerlo, e continuare così la riflessione sui temi che esso tratta.

Il documento nasce come una risposta alle tante domande che sono state rivolte a questo Dicastero; sia nelle visite Ad limina, da parte da tanti vescovi, sia da tanti altri interlocutori a vari livelli. È frutto di un cammino percorso insieme: insieme ai giovani comunicatori, agli esperti, ai nostri membri e consultori (prima durante e dopo l’ultima plenaria; che si è svolta nell’autunno scorso), ed è giusto in questa occasione ringraziare tutte le persone che hanno collaborato alla genesi di questo testo: chi ha condiviso domande, preoccupazioni, riflessioni, idee; chi ha partecipato con risposte a domande precise, con commenti, anche critici; con la stesura, revisione, traduzione del testo…

È davvero un testo che nasce dall’unione nella fede, che oggi consegniamo a tutti per generare nuove domande, riflessioni, idee, critiche… Come scrisse il card. Martini nella sua lettera pastorale “Effatà”, comunicare è difficile, richiede un va e vieni dialogico, interlocutori pazienti, benevoli e attivi; per rendere la comunicazione attiva, reciproca, non semplicemente passiva o rassegnata. Vorrei fare qui mie le sue parole. Leggendo ognuno potrà trovare le frasi, i paragrafi che passano subito, che gli dicono qualcosa, che lo svegliano dentro. Ed anche quelle che gli appaiono magari ostiche, o difficili, o astratte. E potrà in questo caso domandarsi come dirle meglio. Se riusciremo ad attivare questo processoNe verrà fuori quello che Martini definì un vero e proprio "esercizio di comunicazione”. Di una comunicazione capace di produrre cambiamenti.

Qualcuno leggendo questo documento lo potrà trovare troppo ottimista, qualcun altro troppo pessimista; qualcun altro chiederà perché non ci sono raccomandazioni precise, consigli pratici. Il documento non parte dalla tecnologia; non è un direttorio, né una sorta di guideline di tipo pratico-funzionale. È una riflessione teologica e pastorale, che nasce dallo sguardo del Vangelo per suscitare un esame di coscienza personale e collettivo. Il suo focus è l’uomo, non la macchina. La rete nel suo senso più vero e più profondo, non la connessione. Il cuore, non l’algoritmo. Vuole rispondere sia a chi è preoccupato della deriva presa dall’era digitale, sia a chi pensa che il digitale sia la soluzione magica, tecnologica di tutti i problemi. È vero, siamo entrati nell’era social come esploratori, pensandola come una terra promessa; e rischiamo di uscirne come oggetti, merce da pesare e vendere un tanto al chilo. Cercavamo un ordine fondato sulla condivisione della verità e ci troviamo con un ordine basato sulla disinformazione. Ma c’è sempre una terra promessa. Il mondo digitale, anche quello dei social, non è immobile. Sta a noi tutti trasformarlo, sottrarlo alla fredda logica del mercato, del profitto e del marketing; liberarlo dai dogmi unilaterali delle aziende che lo gestiscono, per riconsegnarlo al criterio del bene comune, della condivisione gratuita. Sta a noi rinegoziare le regole, rinegoziare gli algoritmi, riappropriarci delle relazioni.

Se pure fosse vero che i social – come afferma qualcuno – stanno facendo più danni che bene, a livello sociale, politico, e culturale; e se è vero che ci inducono ad una sorta di riconfigurazione del modo di ragionare, fondandolo sul riflesso piuttosto che sulla riflessione; questo è esattamente il tempo di riflettere su come e cosa cambiare per usare i talenti del tempo (e dunque anche i social) per passare dalla connessione alla condivisione; e riscoprire il fondamento profondo di quello che siamo, come cattolici e come genere umano: soggetti desiderosi di relazioni vere. È il tempo di una rinegoziazione consapevole.

Il documento si propone di cercare – e invitare a cercare – a tutto questo una risposta ispirata alla fede … Con la consapevolezza che è da ingenui pensare che solo perché siamo cristiani saremo immuni dalle sirene, dai fanatismi e dai narcisismi del nostro tempo; con la responsabilità di chi sa di non dovere – e di non potere – fuggire dal proprio tempo; con la umiltà di chi si sente chiamato comunque a testimoniare e sa che il cambiamento va fatto insieme alla società civile. Avviando un discorso. Aggregando un consenso. Saremo felici se questa riflessione pastorale riuscirà ad aprire uno spazio di dialogo.

Come ha fatto card. Martini tanti anni fa, così anche noi chiediamo oggi a tutte le persone di buona volontà di continuare a elaborare una riflessione migliore di questa.

 

Perché un sito web

Per questo abbiamo aperto anche un sito web: per condividere le buone pratiche e maturare insieme nel discernimento.

All’indirizzo fullypresent.website potete trovare alcune prime indicazioni di quello che si può fare per contribuire a una riflessione comune, come ad esempio la possibilità di segnalare in una mappa mondo predisposta documenti delle Chiese locali, testi accademici, iniziative e eventi.

È un primo passo per creare più sinergie, più comunione di intenti.

 

Perché questa riflessione si ispira proprio al buon Samaritano.

Perché è rivolta a tutti. Noi stessi spesso ci troviamo come feriti, noi stessi a volte brancoliamo nel buio. Non è per il solo fatto di essere cristiani che abbiamo le soluzioni in tasca. Piuttosto dobbiamo trovarle insieme.

… Il Papa ha più volte esplicitamente indicato il buon Samaritano come icona del comunicatore. L’icona del buon Samaritano è un invito ad andare controcorrente. Il buon Samaritano in rete può apparire nell’immediato un perdente … perché in rete non emerge automaticamente chi si prende cura dell’altro, gli algoritmi selezionano più facilmente chi urla più forte, chi crea più divisione. L’atteggiamento del buon Samaritano non è altisonante, agisce in modo quasi schivo, interviene e poi sparisce. Ma la sua testimonianza agisce nel tempo. In profondità.

Questa icona ci ispira allora a cercare non solo uno stile cristiano per il nostro coinvolgimento nei social media, ma anche a domandarsi come si vive da cristiani in una società tecnocratica e individualista produttrice di indifferenza, o di antagonismi sordi.

 

Perché il logo con i due pesci

La realizzazione del logo e del website è stata affidata ad un gruppo di giovani comunicatori che ha partecipato al programma “Faith Communication in the Digital World”, il progetto pilota di formazione che questo Dicastero porta avanti da tre anni selezionando 16 giovani professionisti da diverse parti del mondo.

Il Pesce è un simbolo cristiano, lo sguardo esprime la dinamica dell’incontro. Così i nostri giovani amici hanno sintetizzato l’esperienza del loro percorso e della loro ricerca. Invitandoci a lavorare nel mondo digitale per una comunicazione fatta per unire e non per dividere, per costruire relazioni e non contrapposizioni.

31 maggio 2023